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Zanardi / Baldini

Ultimo Aggiornamento: 06/11/2007 12:00
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Post: 51
Città: CORNATE D'ADDA
Età: 62
Sesso: Maschile
06/11/2007 12:00

NEW YORK — SE SI POTESSERO mettere assieme le gambe di Stefano e le braccia di Alex, forse riusciremmo a creare in laboratorio l’atleta perfetto. Perché le gambe hanno portato Stefano Baldini ai piedi del podio nella maratona di New York, rilanciandone immagine e credibilità alla vigilia di una Olimpiade da domare e da amare.
Mentre le braccia hanno portato Alex Zanardi e la sua ‘hand bike’, un gioiellino in carbonio da spingere usando gli arti superiori, al quarto posto sullo stesso percorso, nella stessa città, all’ombra dei grattacieli e fra le luci di Central Park.

C’È MOLTA ITALIA nella corsa più famosa del pianeta, è l’Italia emiliana, un impasto di coraggio e di fatica, di tormenti e di voglia di stupire. Erano in quarantamila sulla linea di partenza, una fetta di umanità, privata sì dell’iPod ma non del desiderio di coniugare la sofferenza al divertimento, in nome di una gioia che forse non può essere spiegata a chi non l’abbia mai provata. Qualche vip, tipo Lance Armstrong, finalmente capace di battere, a piedi, l’ex ciclista francese Jalabert. E l’oceano della gente comune.
Con le gambe, Baldini è stato grande: veniva da una stagione difficile, si portava dietro un carico di dubbi, eppure è stato il migliore dei non africani. Quarto, con un finale esplosivo, una rimonta degna di un campione di Olimpia e peccato che la prudenza abbia suggerito a Stefano di ritardare l’attacco, nel timore di bruciare troppe energie.

IL TEMPO (2 ore 11 minuti e 59 secondi) è buono e d’altronde al podista reggiano stava a cuore soprattutto la verifica di se stesso, il recupero di una convinzione interiore smarrita fra delusioni e disillusioni. Così ha vinto il keniano Martin Lel, già in trionfo a Londra a primavera, curato e seguito dallo staff dell’italianissimo professor Rosa. Questo lel ha coperto la distanza canonica in 2 ore 9 minuti e 4 secondi, prendendosi il lusso di evitare lo sprint al veleno, complice il crollo del marocchino Goumri a mezzo chilometro dal traguardo. Con le braccia, Zanardi è stato grande. Si era preparato adattandosi alla curiosa ‘hand bike’, aveva ascoltato i consigli del ct Ballerini e poi via, senza le gambe d’acciaio, via a spingere come un ossesso. Novantatré minuti per il percorso di maratona, novantatré minuti di emozione autentica: «Le ovazioni del pubblico americano mi hanno commosso, adesso mi viene la voglia di tornare qua per vincere», ha detto l’ex pilota di Formula Uno.

E PERCHÉ NO? Quelli che lo hanno preceduto (il canadese Albor, l’olandese Maalouf e il polacco Skrzpinski) sono già avvertiti.
Quanto a Baldini, che come Alex ha gareggiato con un simbolo che reiterava il no alla pena di morte, è uscito dalla Grande Mela con il morale in rialzo: «Ho ritrovato le sensazioni che cercavo. Zanardi? Il vero mito è lui, mica io!».

di Leo Turrini
Bye Alberto
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